Obbligazioni convertibili

di Giovanni Borsi, novembre 2009

Le obbligazioni convertibili si caratterizzano per una struttura composta da un'obbligazione con cedola (fissa o variabile) e un'opzione di acquisto dell'azione stessa o di un'azione di una terza società.
Quando la conversione sia prevista in azioni dell'Emittente, quest'ultimo ha dovuto in precedenza deliberare un aumento di capitale "riservato", al servizio del prestito obbligazionario, così da consentire l'emissione delle nuove azioni nel momento in cui ci fosse la richiesta anche di un solo possessore dell'obbligazione convertibile; in questo caso il titolo deve essere offerto in prelazione ai vecchi soci, anche agli eventuali possessori di altri prestiti obbligazionari convertibili non ancora scaduti.
Qualora invece la conversione sia prevista in azioni di una società terza (pensate ad esempio al caso di Finmeccanica, che emette un bond convertibile in azioni Stm avendo in portafoglio le azioni Stm a servizio del prestito obbligazionario: di fatto è un modo per vendere sul mercato le azioni Stm senza penalizzarne la quotazione, dilazionando la vendita, ma finanziandosi nel frattempo a tassi più bassi di quelli di mercato), ovviamente non occorre aumentare il capitale sociale dell'Emittente.

Il ricorso al prestito convertibile consente infatti alle aziende di finanziarsi a tassi decisamente più contenuti, in quanto l'appetibilità dell'obbligazione è insita nella sua convertibilità; l'emissione di questa tipologia di obbligazioni è uno strumento di cui l'azienda dispone per evitare di trasmettere segnali negativi al mercato: l'operazione lascia intendere che il management si aspetta buone performance aziendali (di solito il prezzo di conversione è almeno il 20/30% più alto delle quotazioni di mercato di quel momento dell'azione sottostante) e un incremento del prezzo dell'azione (le emissioni azionarie, invece, sono sempre offerte a sconto rispetto alle quotazioni e tendono a deprimerne i corsi nell'immediato futuro).

L'investitore trova interessante quest'alternativa di investimento in quanto coniuga il più possibile l'aspettativa di rendimento delle azioni con il rischio contenuto delle obbligazioni: a fronte di un minor tasso di remunerazione del capitale investito ha infatti in mano un'opzione di acquisto sull'azione sottostante che potrebbe far crescere notevolmente il suo ritorno qualora l'azione salisse ; la natura obbligazionaria offre comunque una buona protezione del capitale, con la prospettiva, in caso di ribasso delle azioni, di potersi accontentare delle cedole e del rimborso a 100 a scadenza, come per un qualsiasi investimento obbligazionario.

Il possessore del titolo ha la facoltà di decidere se convertire (esercitare l'opzione), cioè ritirare l'azione dando in cambio l'obbligazione, oppure mantenere il titolo in portafoglio.
Il possessore della convertibile percepisce un interesse periodico (cedola) e, nell'ipotesi di non conversione, ha diritto al rimborso del capitale a scadenza; se invece procede alla conversione, acquisisce i diritti tipici dell'azione che ottiene.

Le azioni che si ottengono dalla conversione non sono sempre nel rapporto di uno ad uno (un'azione contro un'obbligazione) e anzi il valore del rapporto è una delle condizioni che determinano la convenienza o meno a sottoscrivere la convertibile.
Il rapporto di conversione (numero di obbligazioni da consegnare / numero di azioni da ricevere) è stabilito in sede di emissione e rimane inalterato a meno di ulteriori operazioni sul capitale, che richiedono, a tutela del risparmiatore, una modifica del rapporto stesso tramite i fattori di rettifica decisi da Borsa Italiana.
Una volta che si conosce il rapporto di conversione e il prezzo della convertibile, si ottiene il costo dell'azione nel caso di esercizio del diritto.

Nella scelta di un'obbligazione convertibile occorre considerare tanti fattori:

  • i fondamentali dell'azienda debitrice, onde evitare rischi di default
  • il prezzo di conversione : più è lontano in termini percentuali, più assumerà rilevanza la componente obbligazionaria della convertibile
  • il prezzo di mercato della convertibile: se è molto elevato in quanto l'azione è già salita tanto, l'incasso delle cedole potrebbe non coprire il rischio della discesa dei corsi dell'azione
    Ad esempio, se pago 120 un'obbligazione convertibile con cedola del 2%, il mio investimento è quasi parificabile a un investimento azionario che mi paga un dividendo del 2%, perché se l'azione scende del 20% la mia obbligazione tenderà a tornare a 100, facendomi di fatto perdere più o meno la stessa percentuale rispetto a un investimento in azioni.
  • la probabilità di operazioni sul capitale a breve: in questo caso anche il possessore dell'obbligazione potrebbe beneficiare dello stacco del diritto, tanto più corposo quanto più è a sconto l'azione di nuova emissione offerta sul mercato.
    Ricordo a tal proposito che in occasione dell'aumento di capitale Alitalia con azioni offerte a 1 euro (quando valevano quasi 6) il possessore dell'obbligazione convertibile staccò un diritto di oltre 15 punti percentuali.
  • il peso della volatilità: maggiore è la volatilità sull'azione sottostante la convertibile, maggiore è il valore dell'opzione incorporata nell'obbligazione
  • la facoltà di conversione, che può essere estesa all'intera vita dell'obbligazione (conversione aperta) o limitata a periodi circoscritti.

Sul mercato è quotata inoltre da qualche mese un'obbligazione particolare, spesso definita convertibile (ma in realtà è un convertendo): mi riferisco a quella emessa dalla Banca Popolare di Milano con scadenza 1/07/2013 e cedola 6,75% , che prevede un rimborso in ogni caso in azioni e, tra l'altro, una tassazione delle cedole al 27%, trattandosi di un titolo atipico.

Certe informazioni non sono evidenti al momento dell'offerta e si riesce a ottenerle solo leggendo attentamente il prospetto informativo; il mio consiglio per chi non vuole incappare in brutte sorprese è quello di leggere sempre molto attentamente il regolamento del prestito.
Al riguardo, un altro esempio recente è l'emissione del bond convertibile Ubi 2013, in cui una clausola prevede che Ubi Banca possa rimborsare tra 18 mesi il bond a 110, di fatto limitando, almeno sino a quella data, la possibilità dell'obbligazione di seguire al rialzo il prezzo dell'azione.