Aumento di capitale Salini-Impregilo S.p.a. - 2019

a cura di G.Borsi, novembre 2019

Salini-Impregilo è un global player specializzato nelle costruzioni di grandi opere complesse, attivo in quasi 50 paesi con più di 35.000 dipendenti e con un portafoglio ordini di oltre 33 miliardi.
E' leader indiscusso in Italia e uno dei maggiori player mondiali, prima Società al mondo per la realizzazione di infrastrutture nel settore acqua e tra le prime dieci nel settore ambiente e nel settore trasporti (metropolitane e ferrovie).
In Italia uno dei progetti più importanti è la ricostruzione del ponte Morandi di Genova.

Motivi dell'operazione

La crisi del settore, soprattutto in Italia, ha coinvolto player importanti come Trevi e Astaldi; con quest'ultima tra l'altro Salini ha molti cantieri in comune ed è dovuta intervenire per non bloccare i lavori, studiando insieme a banche finanziatrici e alla Cdp il progetto chiamato "Progetto Italia", che ha lo scopo di creare un unico grande gruppo italiano che ha in Salini Impregilo il soggetto industriale di riferimento.

L'aumento di capitale per 600 milioni prevede l'esclusione del diritto di opzione, sicché il piccolo azionista non ha alcun diritto a parteciparvi, e risulterà molto diluitivo: dopo l'operazione ci saranno in totale un numero di azioni superiore al doppio di quelle in circolazione prima.

Il prezzo delle nuove azioni è stato fissato in 1,50 €, a sconto di circa il 16% rispetto al prezzo di chiusura del giorno antecedente (in Borsa quotava 1,79 €).

L'aumento di capitale è propedeutico al completamento dell'acquisizione di Astaldi e alla creazione del Progetto Italia (che potrebbe coinvolgere rami di azienda di Condotte o aggregare altri operatori del settore, come Pizzarotti e De Eccher).
Il collocamento dell'aumento di capitale da 600 milioni di Salini Impregilo si è concluso con successo già dopo un giorno: sono state collocate 400 milioni di azioni al prezzo di 1,50 € (1,68 € l'ultimo prezzo di venerdì del titolo).
Al termine dell'operazione Salini Costruttori detiene il 44,91% del capitale (aveva il 74,78% prima), Cdp Equity il 18,65%, Intesa San Paolo e Unicredit il 5,26% a testa e Banco Bpm lo 0,67%; poi ci sarà da vedere le quote acquisite da investitori istituzionali che hanno sottoscritto i 150 milioni di euro dell'aumento di capitale a loro riservato (tra questi ci sono sicuramente Leonardo del Vecchio e il fondo Elliot).
Di fatto il flottante, che prima era pari al 25%, rimane tale, ma al suo interno ci sono ora (e rappresentano quasi il 12% di questo 25%) gli investitori istituzionali che hanno sottoscritto la quota dell'aumento di capitale a loro riservata; per questo motivo potremmo dire che il flottante si è di fatto dimezzato.

Dati economici

Salini-Impregilo ha chiuso il primo semestre 2019 con ricavi in crescita di oltre il 3%, ma con un risultato operativo superiore di quasi il 37% e un risultato netto di 63 mln di euro (0,13 € per azione) in decisa crescita. La politica della Società ha privilegiato sempre più le commesse estere rispetto a quelle dell'Italia (notoriamente in crisi, soprattutto nei pagamenti) e soprattutto i mercati nord americani, in cui ne ha acquisite di importanti. Il portafoglio ordini è lievitato dopo la chiusura del semestre a oltre 50 miliardi di euro, tanto da assicurare la crescita dei prossimi anni, anche in termini di qualità dei contratti e garanzie sui pagamenti, proprio quel che aveva costituito l'anello debole determinante nel far saltare Astaldi (insolvenze su commesse in paesi ad alto rischio).

Prospettive economiche

Salini-Impregilo gode di buoni bilanci e nel 2019 chiuderà un anno record a livello di commesse acquisite (oltre 20 miliardi, di cui 14 solo per il progetto alta velocità del Texas).
L'acquisizione di Astaldi e la sua integrazione potrebbero inizialmente nuocere dal punto di vista reddituale, pur presentando ottime sinergie, tanto che il Progetto Italia è ben visto dalla totalità degli analisti finanziari.
Inoltre l'aumento di capitale riservato a investitori istituzionali, la cui esecuzione è avvenuta al prezzo di 1,50 €, ha portato le quotazioni di Salini a multipli davvero interessanti rispetto ai competitor, anche se ha decisamente penalizzato i vecchi azionisti di minoranza, che si sono visti diluiti senza poter partecipare all'aumento di capitale (esclusione del diritto di opzione); ora però sono di certo azionisti di un gruppo molto più forte e ben patrimonializzato (la capitalizzazione passa da 900 a 1500 milioni), che può competere sui mercati internazionali.
Propongo solo il seguente esercizio mentale per far capire al lettore il principio dell'equivalenza finanziaria: se prima dell'aumento di capitale al prezzo di 2,03 € delle azioni Salini-Impregilo corrispondeva una capitalizzazione di 1000 milioni (492.172.691 azioni x 2,03 €), oggi ci sono sul mercato 892.172.691 azioni che valgono 1,68 € per una capitalizzazione di 1498 milioni, ma questa è divisa tra le nuove azioni (600 milioni di euro che a questi prezzi varrebbero 672 milioni) e le vecchie azioni (ex 1000 milioni che a questi prezzi varrebbero 827 mln, per una perdita di 173 milioni).
Questo conto serve a far capire all'investitore che se l'azione ora risalisse a 2,03 € per il vecchio azionista significherebbe tornare ad avere 2,03 €, ma considerato che ci sono 400 milioni di azioni in più, se si fa un conto sulla capitalizzazione di Borsa, Salini-Impregilo capitalizzerebbe 1811 milioni di euro (ben 211 milioni di euro in più dei 1000 di prima + i 600 di denaro fresco entrato con l'aumento di capitale), per la gioia soprattutto dei nuovi investitori di questi giorni.

In conclusione l'azionista di minoranza, che era già azionista di Salini prima dell'aumento di capitale, incassa una perdita secca di circa il 15% per via di questo collocamento istituzionale fatto a sconto sul prezzo di mercato, anche se ora è azionista di una società molto più forte e competitiva e può sperare in un miglioramento sostanziale di tutti gli indicatori economici dell’azienda; come spesso accade in queste operazioni straordinarie, l'azionista di minoranza è decisamente penalizzato, sicché sarebbe stato saggio uscire dall'azionariato prima dell’aumento di capitale per poi rientrarvi dopo, quanto meno per risparmiarsi questa perdita, tanto più alta quanto più a sconto si fosse realizzata l'operazione.
Visto che si parlava di una forchetta di prezzo compresa tra 1,40 e 1,50 €, il piccolo azionista deve essere contento del fatto che l'operazione è avvenuta ai massimi della forchetta, perché se fosse avvenuta a 1,40 € probabilmente oggi le azioni (per il principio dell'equivalenza finanziaria) varrebbero ancora meno: se oggi la capitalizzazione è pari a 1498 con 892.172.691 azioni sul mercato, se fosse ancora tale, ma con molte più azioni collocate (600 mln a 1,4 € anziché a 1,5 € significherebbe aver emesso 428,57 mln di azioni e non 400 mln, diluendo ancora di più i vecchi azionisti), ne conseguirebbe che il prezzo di Borsa dovrebbe essere 1,626 € e non 1,68 €.